Luce sinistra in hospice

LUCE SINISTRA IN HOSPICE

PROLOGO

Il tempo, come uno specchio, dice sempre la verità, anche se a volte ha bisogno di dilatarsi per far emergere l’aspetto reale delle cose e degli avvenimenti, ma alla fine diventa efficace come una luce, pur se sinistra. Persino la malevola pandemia può concorrere a far emergere situazioni nascoste, a dispetto della superficialità, che spesso contrasta la certezza. È questione di tempo e di buona volontà. E così a Santa Marta, tranquilla cittadina laziale, quell’anno l'impianto crematorio lavorava a pieno regime, purtroppo, per l’eccessiva mortalità, tanto da dover fare attendere i parenti interessati diversi giorni, prima di consegnare le ceneri dei loro cari defunti. Quel ritardo, però, in una occasione, si rivelò una circostanza favorevole a chi era alla ricerca della verità.

Una mattina di aprile due piccole lucertole stavano immobili e molto vicine sull’orlo di una lunga e sottile crepa sul muro a godersi i primi tepori primaverili. Erano ferme sulla parete esterna della cappella dell’ospedale, esposta a mezzogiorno, già illuminata sin dalle prime ore, da un sole piacevolmente caldo. La campanella con suono chiaro e vibrante, posta sul tetto, preavvisava la cerimonia funebre che si sarebbe tenuta tra pochi minuti. La gente, silenziosa, paziente, attendeva sul

piazzale l’arrivo del feretro. In prima fila, con ampi occhiali da sole e vestiti scuri, i pochi parenti stretti e poi, dietro a loro, un gran numero di lontani parenti ed amici. La signora Marilena Bassi vedova Rossi, di anni 85, malata terminale, ricoverata da diversi mesi in ospedale nel reparto hospice per le cure palliative, era deceduta. I figli, Antonio e Rosalinda, addolorati, avevano accolto senza traumi, rassegnati, la morte della mamma perché l’avevano vista soffrire per troppo tempo a causa della lunga patologia oncologica, ed ora il trapasso l’aveva resa libera dai patimenti della malattia.

Dopo il funerale il feretro venne accompagnato all’obitorio del cimitero locale dove si sarebbe proceduto nei giorni seguenti alla cremazione, come la signora aveva richiesto espressamente, ma in quel periodo, come già detto, bisognava attendere più del dovuto per avere l’urna con le ceneri.

CAPITOLO 1 – LA DENUNCIA

L’odore di pittura fresca si mescolava e contrastava con l'odore dell’erba appena tagliata nel giardino circostante la nuova caserma dei Carabinieri a Santa Marta. Quella primavera il capitano Colombo aveva deciso di stringere i tempi per portare a termine le ultime rifiniture dei lavori di costruzione ed arredo della caserma. Ormai si erano insediati nella nuova struttura, il lavoro non mancava, per cui, approfittando del tempo favorevole, che da qualche settimana volgeva eccezionalmente al bello, pur essendo ancora all’inizio della stagione, aveva preso accordi con artigiani locali per alcuni ultimi lavori di falegnameria, per sistemare alcune porte e finestre e completare la tinteggiatura delle stanze dell’archivio.

Anche all’esterno i lavori erano terminati, il giardino sobrio ed elegante era ben curato, il tutto conferiva alla caserma un aspetto serio e familiare allo stesso tempo. Il capitano aveva avuto il suo da fare per convincere il comando provinciale ad eseguire subito quelle ultime opere che richiedevano dei fondi straordinari, in tempi di scarse risorse, ma alla fine l’aveva spuntata facendo valere le sue doti di negoziatore e di fedele e bravo ufficiale.

Il maresciallo Ranieri, colonna portante e memoria storica della Stazione a causa della lunga permanenza nella zona, ora trasferito nella nuova residenza, stava terminando di sistemare i numerosi e polverosi faldoni negli armadi del suo ufficio, quando l’appuntato Zonin, trevigiano, bussò e a bassa voce, con la sua tipica cadenza veneta, disse:

«Maresciallo, c’è una signora che chiede di parlare con lei»

«E chi è? Non aspetto visite»

«Dice di essere la signora Marchese, vorrebbe conferire espressamente con lei o con il capitano perché deve parlare di questioni importanti»

«Se è così, falla passare» rispose il maresciallo pulendosi in fretta le mani impolverate con delle salviette che teneva sempre nel cassetto e controllando che la cravatta fosse in ordine.

La donna entrò e si presentò. Era una bella signora che doveva aver passato da poco i cinquant’anni, di aspetto elegante, curata nella persona, emanava un buon profumo, si muoveva con tratti gentili.

«Buongiorno maresciallo, mi scusi se la disturbo. Devo parlarle di un fatto a mio parere molto importante, che mi preoccupa e non mi lascia dormire. È accaduto qualcosa che presenta delle anomalie troppo gravi, per cui ho ritenuto di riferirvelo per capire se le mie sensazioni hanno un valore o sono invece frutto di fantasia senza importanza. In questo caso le chiedo subito di perdonarmi per il tempo che le faccio perdere».

«Mi dica pure signora, siamo qui per questo, si accomodi, l’ascolto». La signora appoggiò la borsa di pelle nera sulla sedia accanto alla sua, sedette composta, accavallò le gambe e prese a parlare dicendo:

«Non sono venuta qui a titolo personale ma in qualità di associata all’organizzazione di volontariato “Respiro e sollievo”, che ha come finalità l'assistenza agli anziani ammalati, specie se soli, senza parenti e in condizioni economiche disagiate. Non so se la conosce. Operiamo in stretta collaborazione con la Diocesi locale, alla quale potete rivolgervi per avere informazioni sul nostro lavoro. Io rivesto il ruolo di tesoriera. Assieme alle mie amiche consociate ci rechiamo spesso negli ospedali pubblici e privati della zona per offrire assistenza gratuita e soprattutto

sollievo morale alle tante persone ammalate. Ed ecco il fatto: la settimana scorsa nel reparto “hospice” dell’ospedale, qui a Santa Marta, è deceduta una signora anziana, tale Marilena Bassi. Era purtroppo una malata terminale, curata prima nel reparto di oncologia per un tumore osseo e successivamente, quando non c'erano più speranze di guarigione, trasferita in “hospice” per ricevere le terapie palliative. Noi dell’associazione la conoscevamo bene e la seguivamo da diversi mesi, anche perché i figli, negli ultimi tempi, si facevano vedere ben poco.»

«Quanti figli aveva la signora?» chiese il maresciallo.

«Due, un maschio, Antonio, ingegnere, titolare di una ditta di costruzioni edili, ed una femmina, Rosalinda, insegnante di lettere, sposata con un dirigente statale». Poi riprese:

«La signora Marilena era una donna benestante. Era proprietaria di alcuni appartamenti a Milano, una villa in Toscana con vigneto annesso, la villa in città dove abitava ed altri tre piccoli appartamenti affittati. Inoltre aveva risparmi depositati nella banca locale. Insomma possedeva un patrimonio del valore di almeno sei milioni di euro, oltre ai gioielli ed ai quadri.»

Il maresciallo domandò: «E quindi, cosa è accaduto?»

«Vede, la signora aveva fatto testamento alcuni mesi fa, quando aveva saputo della grave malattia irreversibile che l’aveva colpita. In pratica aveva deciso la divisione del patrimonio fra i due figli, salvo la destinazione di una piccola somma ad enti vari ed alla parrocchia a titolo di beneficenza. Inoltre aveva destinato alcuni gioielli di famiglia, titoli per cinquantamila euro, una collezione di monete e francobolli ad Alberto, unico nipote figlio di Antonio, che portava lo stesso nome e cognome del marito. La signora ne aveva parlato con i figli, i quali non avevano avuto nulla da obiettare. Senonché nell’ultimo mese Marilena aveva cambiato idea. Noi dell’associazione stavamo molto spesso a contatto con lei e ad un certo punto ci eravamo accorti di un malessere interiore che la faceva soffrire. All’inizio avevamo pensato che fosse l’effetto della grave malattia che l’aveva colpita, poi, da sue mezze parole, capimmo che le sofferenze erano frutto di un vecchio rimorso che covava dentro di lei e la turbava profondamente. Dopo tante titubanze, un giorno, che non c’era nessuno nella stanza dell’ospedale che ci potesse disturbare, mi confidò che da giovane, dopo essersi sposata ed essere divenuta madre di due figli, era rimasta incinta di un terzo figlio. In quel periodo aveva dei grossi contrasti col marito, medico chirurgo, a causa della scoperta di una relazione con una giovane infermiera, per cui, amareggiata e piena di rancore, decidendo di punire il coniuge, non se la sentì di portare avanti la gravidanza e si procurò l’aborto. Questo fatto grave, di cui negli anni successivi si pentì moltissimo, non l’aveva mai dimenticato, era sempre causa di rimorso, ed ora, al termine dei suoi giorni la coscienza le presentava il conto. Sentiva la grande necessità di compensare la pessima azione contro la vita compiuta in gioventù con opere di bene. Interrogò me ed altre mie amiche del sodalizio sulla nostra attività, volle sapere ogni cosa del lavoro quotidiano che noi svolgevamo a conforto degli ammalati e di cui lei stessa era testimone. Dopo vari discorsi, Marilena ci espresse l’intenzione di cambiare il testamento e di nominare la nostra onlus “Respiro e sollievo” erede di tutto il patrimonio immobiliare, mentre voleva lasciare ai figli e nipote i soli mobili, quadri, gioielli e risparmi per circa duecentomila euro. Noi della onlus eravamo contenti del lascito ma, vista l’entità consistente

della donazione, eravamo anche preoccupati temendo di andare incontro a contestazioni future dei figli, perciò quando la signora insistette per modificare il testamento noi suggerimmo di fare le cose perbene e di far redigere il nuovo documento da un notaio, che avrebbe anche accertato la lucidità della signora e la sua piena capacità di intendere e volere».

Il maresciallo era completamente assorto dal racconto della signora Marchese, interessato ad arrivare alla fine della storia, per cui rifiutò alcune telefonate che nel frattempo erano giunte. Poi la invitò ad andare avanti, prevedendo che la storia avrebbe avuto un seguito interessante. E lei continuò:

«Ormai era tutto programmato da almeno quindici giorni. Per la prossima settimana era previsto l'appuntamento con il notaio, che sarebbe venuto in ospedale per raccogliere le ultime volontà di Marilena. I figli, a conoscenza del nuovo progetto materno, che ovviamente non condividevano, avevano cercato in tutti i modi, inutilmente, di farla desistere e lasciare le cose com’erano, ma, dinanzi alla ferma intenzione della madre, alla fine l’avevano abbandonata, sperando in un suo ripensamento o progettando, a tempo debito, iniziative legali come l’impugnazione del testamento per circonvenzione di incapace. Ma non ce n’è stato bisogno perché nel frattempo Marilena è morta, prima di formalizzare le nuove intenzioni con un testamento aggiornato.»

Intervenne il maresciallo: «Com’è morta la signora Marilena?»

Rispose: «E’ morta per arresto cardiaco dopo due giorni di coma. Questo è quanto ci hanno detto in ospedale. La salma è ancora in obitorio perché i figli hanno chiesto la cremazione, ma, poiché l’impianto è in forte ritardo, l’operazione è tuttora in lista d’attesa.»

Il maresciallo, concentrato e cauto, chiese: «E lei cosa ne pensa? Ha qualche dubbio?»

«Proprio così. A parte la delusione che abbiamo avuto per il mancato beneficio ereditario, noi della onlus non abbiamo accettato la versione ufficiale dell’ospedale perché la signora Marilena, cosciente sino all’ultimo, è vero che si spegneva lentamente per il suo male, ma ha manifestato un improvviso stato comatoso che non abbiamo collegato alla sua patologia cronica e che l’ha portata alla morte. Mi dispiace dirlo ma crediamo che il decesso non sia stato naturale.» Il maresciallo aggiunse:

«Capisco. Avete dei sospetti su qualcuno?»

«No, so solo che siamo stati danneggiati e non sappiamo se è stata una casualità oppure una negligenza o colpa di qualcuno»

«Se lei vuole che venga aperta un’indagine dobbiamo ricevere però una denuncia formale. Se la sente di farla?»

La signora era preparata a questo. Stette in silenzio per brevissimo tempo, poi fece cenno di sì. Quindi diede al maresciallo tutti i riferimenti della persona deceduta, il nome dei figli, dei sanitari che l’avevano curata in “hospice” nelle ultime settimane, del notaio che avrebbe dovuto raccogliere le ultime volontà di Marilena. Firmò una denuncia contro ignoti che volontariamente o per colpa grave avevano causato la morte della paziente.

Intanto era urgente bloccare la cremazione della salma ed acquisire la cartella clinica della signora, pertanto il maresciallo iniziò a muoversi in questa direzione con la collaborazione della brigadiera Conforti, esperta in reati finanziari.

Dopo aver informato il capitano, il maresciallo si attivò per sospendere la cremazione, chiedere all’ospedale la documentazione clinica della deceduta e per sollecitare un colloquio con il primario del reparto allo scopo di acquisire più informazioni possibili sulla struttura ospedaliera, sul personale addetto, sui turni di lavoro, sulle modalità di ingresso e di visite agli ammalati.